Un Blog per proporre alcuni tra gli articoli che considero più belli tra quelli che ho scritto finora, sperando di onorare il lavoro del Giornalista che informa, intrattiene, suscita dibattito e opinioni. B.L.

venerdì 27 agosto 2010

Generazione Grande Fratello (Bruna Larosa)

Il successo del grande fratello non può lasciare indifferente nessuno: né le reti che lo trasmettono, né le persone che lo seguono, tantomeno coloro che lo ignorano forzatamente.
Da tempo i moralisti e gli altri dediti al buon costume ci hanno abituato alla tiritera “è diseducativo non dovrebbe essere trasmesso”, intanto di anno in anno si va avanti e così come tutti i reality riesce a riscuotere un successo notevole ed un attaccamento quasi morboso da parte dei numerosi fans.

Ci siamo chiesti come mai un programma battezzato Trash e ormai ritratto della TV qualunquista e spazzatura debba essere così conosciuto e seguito. Gli ascolti parlano chiaro: Grande Fratello batte tutti. Abbiamo voluto parlare di questo fenomeno mediatico con la professoressa Giovannella Greco, docente di Sociologia della Comunicazione di Massa presso la Facoltà di Lettere e Filosofia.

Ci riceve nel suo studio e dopo una breve presentazione sull’argomento la professoressa inizia la sua spiegazione partendo dal presupposto che la Televisione rimane sempre ai primi posti nonostante tutti i nuovi media. Ci illustra, anche, una ricerca recentemente conclusa, e da cui è stato tratto un libro di prossima uscita, “La svolta comunicativa”. La ricerca si è preoccupata di osservare le modalità di comunicazione che mettono in atto i giovani nella fascia d’età presa in esame che va dai 15 ai 18 e dai 21 ai 24 anni.

I risultati di questa ricerca mettono in chiaro che i giovani rifuggono gli sguardi, evitano l’incontro faccia a faccia perché riconoscono nell’emozione qualcosa che può far capire agli altri il loro reale stato d’animo, quindi ‘denudarli’, tanto che evitano il contatto, lo ‘sguardo’, per non sentirsi vulnerabili. Per questo motivo la comunicazione più diffusa è quella che frappone un ‘mezzo’ che sia uno schermo od un display. Nella relazione vis a vis i giovani temono di diventare facilmente preda degli altri mettendo a nudo le proprie emozioni. Si temono le emozioni perché rappresentano l’incertezza non indossando più alcuna maschera.

Così nello stesso momento in cui si fugge c’è bisogno di mettersi in gioco. Ecco ciò che scatta quando guardiamo il Grande Fratello: ci sono persone con una certa consapevolezza di sé che accettano di farsi riprendere 24 ore su 24, che mettono a nudo il loro corpo e la loro anima, mentre i telespettatori, attraverso un meccanismo di ‘proiettività’ cercano il riconoscimento e la convalida del proprio sé, attraverso qualcuno che ‘li rappresenta’.
Guardare o partecipare ai Reality soddisfa il proprio “desiderio di estimità” (l’esatto inverso dell’intimità) che porta ad esprimersi senza problemi e a cercare l’accettazione degli altri. Nella vita reale c’è un dietro le quinte, rappresentato dalla nostra vita privata, cosa che scompare nell’impostazione di un reality show. La ricerca di accettazione ed il meccanismo di proiezione poi fanno il resto e svelano il trucco! Ecco perché tanto attira e tanto funziona in termini di odience!

La prof. Greco fa un riferimento alla sociologa Turnaturi, che parla dell’esasperazione delle emozioni attraverso la spettacolarizzazione, e ci invita ad osservare che anche i telegiornali spettacolarizzano le notizie. Si manipolano le immagini e le informazioni, non provocando distorsioni nella realtà, ma ‘semplicemente’ scegliendo quale patos, quale sentimento suscitare nel pubblico.

Per ritornare ai moralisti si può concludere con qualche semplice battuta: non è vero che i media sono fonte di maleducazione, semplicemente i media non sono nati per educare ma principalmente per informare ed intrattenere (è un caso isolato il fatto che la TV in Italia veda il suo esordio come mezzo educativo). Il problema non è dei media che non trasmettono l’educazione, ma dei reali centri di educazione e di formazione ‘famiglia e scuola’ che vivono una profonda crisi non svolgendo più il loro ruolo. In definitiva sembra chiaro che non è il media ad educarti, ma devi essere educato ai media, per non cadere in trappole informative e far crescere il senso critico, insomma una visione attiva e non passiva di quello che viene trasmesso è la chiave per capire i mezzi di comunicazione e il loro linguaggio.


Articolo pubblicato sul n. 10 di Fatti al Cubo (Giornale dell'Università della Calabria)

mercoledì 25 agosto 2010

Fotografie dal nostro mondo (Bruna Larosa)

Gli adulti, spesso, ce l’hanno con i giovani fannulloni e senza idee. Beati quei tempi in cui c’erano giovani capaci, ora non si è più buoni a niente! Credo sia utile parlare di questo mentre il mondo cambia e continua a cambiare e le generazioni di ieri rimpiangono i ‘loro anni d’oro’.

A volte mi stanco di sentire solo questo, di pensare che la mia generazione sia fallita in partenza, soprattutto perché ritengo che se il mondo è così sia per merito delle generazioni passate.
Spesso arrivano email che rimembrano i gloriosi anni ’90… Anni che gloriosi non sono mai stati per nessuno: anni di buio per la politica, di grigio per quasi tutti gli altri settori eppure già ci sono i nostalgici che inviano quegli allegati in power point con il jingle della merendine come sottofondo musicale.

Se da un lato posso capire gli adulti e gli anziani che rimpiangono i loro tempi passati non capisco quelli che ancora adulti non sono e guardano indietro. Tanto disprezzo per la nostra generazione che non desidera più: ha già tutto. Non s’impegna più: basta essere bulli. Non soffre più: talmente consci di tutto da non provare più emozioni. Non proviamo più neanche nostalgia per le persone lontane: con un click siamo da loro, e non ci interessa più sentire né col naso né con le orecchie: ci bastano i sensi del computer… tanto meno ci interessa sentire col cuore...
Ma siamo proprio sicuri di essere così? Se così fosse saremmo talmente freddi e superficiali da essere forti ed invincibili.
La verità è che siamo figli del nostro tempo, figli di coloro che ci chiamano bamboccioni e buoni a nulla. Tutte le madri vorrebbero poter dire ‘mia figlia è diversa’, come la reclame di qualche anno fa, invece, devo deludere i genitori: tutti i figli possono sbagliare. Faranno errori diversi da quelli che hanno contraddistinto le generazioni precedenti, ma sbaglieranno, prenderanno strade differenti da quelle che si ritengono migliori, perché abbiamo la vita, ma nessuno ha un libretto d’istruzione
per viverla
.

Tutti abbiamo sogni e non esiste il giusto o lo sbagliato: nessuno può giudicare i sogni degli altri. Penso che i giovani di questi anni siano disillusi perché le grandi utopie sono state ormai consumate nel tempo e non si è forti come si crede per crearne di nuove. Non si crede neanche più
all’amore, è sempre difficile da trovare, quindi si fanno un sacco di tentativi e alla fine, quando arriva non lo si riconosce più.

La vita è semplice secondo chi è stato giovane prima, ma semplice per chi? Per coloro che sono abituati ad avere tutto e cadono in depressione quando non riescono ad ottenere qualcosa? Semplice per chi non sa più stupirsi perchè troppo abituato a vedersi schizzare davanti immagini diverse e talmente nuove che il divertimento naturale non basta più, e si è costretti
a passare alla ricerca dell’estasi chimica.
Forse ci sono poche responsabilità riflette qualcuno. O forse le responsabilità sono troppe, così tante che bisogna trovare una via d’uscita. Sono stati sempre pochi quelli che sono emersi, quelli che ce l’hanno fatta, ora si hanno più possibilità, la selezione naturale non esiste più, anche la natura è stata addomesticata, eppure sono ancora meno quelli che ce la fanno.

Il male di vivere si riscontra in ogni dove, l’assenza di certezze ci distrugge, il non comunicare ci aliena. Vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo ci brucia l’esistenza. No, non è facile essere giovani ed ancor più difficile è crescere per diventare adulti.

I padri che hanno fatto di tutto per rendere questo mondo più confortevole, lo hanno in realtà plagiato. Averci tolto ogni scelta ha compromesso la nostra capacità di discernimento. Aver reso il mondo più semplice ha reso
la vita più difficile. Il tempo passa, inesorabile facendosi beffe delle ansie e delle paure che non riusciamo più a comunicare e che ci imprigionano in paradisi artificiali che non le fanno sparire ma solo dimenticare.
Così mentre non riusciamo più ad arrossire per un complimento o un rimprovero, i nostri nonni piangono su foto in bianco e nero ed il pensiero va a chi tra qualche anno riderà dei nostri ricordi in digitale.



Pubblicato sulla rivista Acqua & Sapone Dicembre 2008

martedì 24 agosto 2010

L'Università de L'Aquila prova a rialzarsi (Bruna Larosa)

Uno dei luoghi simbolo della tragedia abruzzese è rappresentato dalle macerie della casa dello studente: lì si sono spezzate venti giovani vite.
Le immagini che sono state riportate dalle televisioni hanno fatto vedere oggetti della vita quotidiana sparpagliati in mezzo a cumuli di macerie, creando sgomento tra i telespettatori per il forte impatto che sono riusciti a provocare.

È praticamente impossibile riuscire a capire cosa può passare nella mente degli studenti di quell’Università, una istituzione che oggi vuole risollevarsi e rinascere. Certamente ammirevole e positivo l’impegno del Rettore, Ferdinando Di Orio, che, vicino alle famiglie degli scomparsi, incita i suoi ragazzi a credere ancora, a dare fiducia ad un luogo di cultura che intende continuare a formare le menti e ad offrire istruzione. Tutte la facoltà hanno messo degli avvisi: ‘coloro che avevano inoltrato la domanda per le sedute di aprile potranno laurearsi in luogo ed orario da definirsi’, ed a seguire il lungo elenco degli studenti, il loro nome, i titoli delle tesi. Che non sia ordinaria amministrazione è presto dimostrato da un successivo avviso ‘tutti gli studenti sono tenuti ad autocertificare la media dei propri voti perché la commissione possa procedere all’attribuzione del voto. Verrà effettuato il riscontro sulla veridicità delle dichiarazioni non appena sarà possibile recuperare la documentazione’. Quello che è certo è che non sarà una seduta di laurea come le altre, sarà un inno alla vita, con il pensiero rivolto a chi alla laurea non arriverà mai, perché ha smesso di vivere ‘nel momento più bello della vita, il momento della formazione’.
La struttura universitaria ha ceduto, l’unica cosa rimasta in piedi è la biblioteca e gli avvisi nelle bacheche on-line sembrano quelli di ‘conoscenti, di amici’, non di segretari. Proprio percorrendo a ritroso gli avvisi e avvicinandosi al giorno del sisma si capisce l’intensità dell’angoscia e la concitazione di informare. ‘Il personale docente e amministrativo è riuscito a mettersi in salvo… Così speriamo voi e le vostre famiglie’. ‘Gli ispettori visioneranno le strutture rimaste in piedi, sperando che siano agibili, in ogni caso assicuriamo che le lezioni riprenderanno al più presto possibile affinché nessuno degli iscritti debba perdere l’anno accademico’.
Abbiamo parlato con qualcuno che quella notte c’era, e col terrore nel cuore è corso fuori, e nella sua corsa ha picchiato i pugni contro tutte le porte che incontrava verso l’uscita, gridando i nomi dei vicini, degli amici di sempre, perché uscissero dalle stanze anche loro. Coloro che sono usciti prima che la casa si accartocciasse su se stessa hanno aspettato insieme l’alba nel buio, nella polvere e nell’angoscia totali.

Abbiamo parlato con chi non c’era ma avrebbe potuto benissimo essere lì, se il caso non avesse voluto che il terremoto avvenisse tra la domenica ed il lunedì e che la maggior parte degli studenti, i fuori sede, fosse tornato a casa per il week end.

Non ci sono domande da fare in questi casi, ognuno ha la sua storia personale, condita di lacrime di paura e di rabbia. Ancora a caldo nessuno è pronto a scommettere che tornerà all’Università de L’Aquila, ‘ora c’è bisogno di qualcuno che riesca a lavorare senza pensare, perché se pensi ti rimane solo la disperazione e non hai più la forza’.

Abbiamo saputo che già da giorni prima della scossa più forte il terremoto si ripeteva, e che molti se ne erano andati, anticipando le vacanze pasquali, proprio per questo. I movimenti tellurici continuano ancora oggi e i negozi delle zone limitrofe, ad esempio nel Lazio, hanno messo in esposizione tende ed attrezzature per trasferirsi direttamente nel giardino delle proprie abitazioni, nessuno sa cosa aspettarsi, si sa ciò che è stato e che non si vuole assolutamente rivivere.
 
 
Pubblicato su Fatti al Cubo (giornale dell'Università della Calabria) n. 15

lunedì 23 agosto 2010

Esami, che stress! (Bruna Larosa)

Il momento degli esami è il periodo emotivamente più difficile da affrontare per gli studenti e le studentesse di ogni facoltà sia per il carico emotivo che per il maggiore impegno.

Molti i disturbi, oltre i tanti già conosciuti a causa della stagione particolarmente rigida. Dal mal di testa, alla difficoltà di digestione, passando dal mal di schiena e altri dolori articolari dovuti alle ‘ore al tavolino’, per guarire la pesantezza e gli occhi rossi di ‘quei giorni da incubo’.
Abbiamo riportato fedelmente i classici ‘problemi da esami’ al dott. Christian Aragona, della Parafarmacia nei pressi dell’Università, e dalla chiacchierata che ne è venuta fuori siamo venuti a conoscenza di diversi rimedi, assolutamente naturali, per combattere ansie, irritabilità e dolori vari.
La vera scoperta è il ginseng, sostanza che ha la capacità di adattare il nostro organismo all’intervento esterno, rende il soggetto meno stanco, più vigile e lucido, capace quindi di concentrarsi meglio, rendere di più ed essere, così, più sereno. Se si è particolarmente ansiosi tra i rilassanti naturali, oltre la camomilla, conosciutissima e molto diffusa, è possibile utilizzare la valeriana, la passiflora, la melissa e il biancospino da assumere soli o in sinergia per un’azione più efficace.
Tante volte, sui libri il tempo vola e a notte inoltrata ci si ritrova ancora piegati sulle sudate carte, se c’è bisogno di regolare i ritmi circadiani del sonno (le ore di sonno e quelle di veglia) si può utilizzare la griffonia che ha questa proprietà. I dolori muscolari legati ad una postura obbligata o sbagliata possono essere combattuti con l’artiglio del diavolo, la canfora ed il peperoncino. Se l’ansia ci attanaglia lo stomaco sarà utile utilizzare del finocchio, che sgonfia, insieme a menta e zenzero.
Quando gli occhi si arrossano perché magari si è trascorsa un’intera giornata al computer o si è letto tanto si può ricorrere al Ribes Nero, antinfiammatorio naturale.
Immaginate la tragedia, poi, se il giorno prima dell’esame se ne dovesse andare via la voce… Come risolvere il problema? Con la mirra! Da ricordare, poi, che mirra ed eucalipto in sinergia hanno un’azione balsamica lenitiva per il mal di gola.

Tutte le sostanze qui citate sono ‘fitoterapiche’ cioè naturali, non hanno controindicazioni anche se bisogna sempre lasciarsi guidare da un farmacista e da un pizzico di buon senso per le dosi e le quantità.

Abbiamo chiesto come ultima curiosità una ‘dieta’ da seguire nei periodi di stress per non appesantirsi e non rimanere bloccati dall’ansia. Il dott. Aragona ci ha suggerito di evitare fritti, più difficili da digerire, depurarsi con le verdure a crudo (con la cottura perdono molte delle proprietà che possiedono), evitare la Coca Cola, dal gusto gradevole, ma assolutamente pesante da digerire.


Pubblicato su Fatti al Cubo (giornale dell'Università della Calabria) n. 25

domenica 22 agosto 2010

Il male di vivere in Italia (Bruna Larosa)

Si riscoprono grandi autori e grandi classici in questa estate di crisi. La frase simbolo degli ultimi mesi è certamente questa ‘c’è crisi’, e mentre i negozi chiudono e l’inflazione sale, come il numero dei cassintegrati, capita, che, chi come me, si trova ad affacciarsi al mondo del lavoro dopo anni di studio rimanga a ponderare ‘con triste meraviglia com’è tutta la vita ed il suo travaglio’… Montale rappresenta moltissimo questa nostra epoca, fatta di dolori e di rimpianti, di voglia di migliorare e paura di non riuscire.
Il male di vivere potrebbe essere proprio questo, dato che siamo in un tempo in cui l’età più bella, la fine degli studi e l’inizio dell’indipendenza, si trasformano in una lunga muraglia con in cima cocci aguzzi di bottiglia. Mentre i più se la prendono con le istituzioni, in primis la politica, altri con l’economia, altri con la società, l’unica verità che rimane a noi giovani è un senso di non appartenenza a questa terra, all’Italia. Riscoprire Montale è tanto ovvio quanto strano. Le persone cercano solo un modo di sbarcare il lunario, si parla di risparmio, di saldi, di Caritas e qui si intende riscoprire una perla della nostra letteratura, perché, infondo, non dobbiamo sentirci soli, non siamo i primi e gli unici a sentire il male di vivere. Noi giovani percepiamo sulla nostra pelle l’insoddisfazione lacerante di questi anni, e i sacrifici dei nostri genitori diventano sempre più i nostri stessi sacrifici, rendendoci conto che la nostra generazione non è, poi, così progredita come crediamo.
Un carattere forte e disilluso quello del Nobel per la letteratura che qui intendo portare per noi d’esempio, egli quando gli si chiedeva quale fosse la sua professione diceva ‘giornalista, perché il ‘poeta’ non lo capirebbe nessuno’. Montale non è un autore ‘semplicemente’ da capire, è un autore da vivere, e tutti noi stiamo vivendo le sue ansie e le sue idee in questo mondo che va, ma mai nella direzione in cui dovrebbe. Riscoprire un classico oggi, magari, attraverso la lettura di questo stesso articolo, può aiutare il mondo ad essere migliore, perché la consapevolezza di ieri forgia fortemente il domani.
Fare oggi una carriera come quella di Montale è qualcosa di inverosimile, tanta bravura, la disillusione giusta e magari un pizzico di fortuna hanno fatto di lui un’icona del novecento. Quello che mi sento di far emergere è che questo autore non ha mai smesso di mostrare se stesso, non si è mai comportato come una star, non ha mai rivestito se stesso di quella sacralità di cui oggi si ricoprono i grandi o coloro che si definiscono tali. Uomo e letterato, letterato ed uomo, onesto al punto di non nascondere la realtà, ma da trasporla nelle sue stesse opere cruda e vera così come è. Probabilmente oggi ci vorrebbe quell’onestà, anzi dovremmo a noi stessi l’onestà di vedere la realtà, così come la voglia di scoprire il vero talento che alberga in ognuno di noi senza trincerarci dietro i desideri di altri o le opportunità (reali o presunte) che ci capitano davanti.
Nella paura di perdere qualcosa ci aggrappiamo a tutto ciò che ci capita a tiro, e tutto fugge e ci corrode mentre gli anni passano e diventiamo ‘solo’ mammoni e delusi dalla vita e dalle opere, le gesta, che avremmo potuto, ma mai abbiamo iniziato a compiere.




Pubblicato sulla rivista Acqua & Sapone.