Un Blog per proporre alcuni tra gli articoli che considero più belli tra quelli che ho scritto finora, sperando di onorare il lavoro del Giornalista che informa, intrattiene, suscita dibattito e opinioni. B.L.

domenica 5 settembre 2010

Pigotte in mostra per il ventennale (Bruna Larosa)

Il Comitato provinciale dell’Unicef di Cosenza ha scelto di celebrare il ventennale della Convenzione per i Diritti dell’Infanzia con un’iniziativa di sensibilizzazione molto interessante e di forte impatto: una mostra –istallazione di pittura e pigotte realizzate da Stefania Siragusa. I contributi raccolti saranno devoluti al Progetto ‘Protezione dei Bambini di strada in Bangladesh’, un piano che intende aiutare l’infanzia in un Paese in cui le condizioni precarie di vita hanno portato ad accettare l’immagine del bambino lavoratore come una circostanza positiva nella vita del minore.

Abbiamo incontrato Stefania Siragusa ed il critico d’arte Paolo Aita.
Quando si parla di un’artista generalmente si pensa ad una persona estrosa, magari anche eccessiva, invece Stefania è una donna simpatica, spigliata e molto disponibile e gentile, accoglie con un sorriso ogni domanda che le viene posta e cerca di rispondere con la semplicità e la chiarezza di chi ha le idee chiare e vuole arrivare a tutti. È un’artista dell’eteronimia, quella forma d’arte che accoglie gli ‘insegnamenti letterari’ di Pirandello e Pessoa, o il lascito filosofico di Nietzsche. L’artista, segue le sue diverse maschere, a mo’ dell’Uno, Nessuno e Centomila e cedendo a queste sfaccettature riesce ad aprirsi e a creare delle opere originali, ascoltando la sensibilità e le voci che rintraccia in se stesso.
Gli artisti sono persone che hanno una profonda sensibilità, ci sono quelli che la vivono dal punto di vista intimistico, altri invece che la orientano verso tematiche sociali…

Come è nato il suo rapporto con l’Unicef?
Sono sempre sensibile ai problemi sociali che davvero sono stati sempre tantissimi. Sono sempre stata attenta alle necessità dell’infanzia perché i bambini sono i soggetti più indifesi così come, anche, gli anziani, le persone sofferenti e quelle che hanno bisogno degli altri. Siccome volevo fare qualcosa per i bambini ho conosciuto Emanuela (De Cicco, volontaria presso la Sede di Cosenza, ndr) e Paola (Bianchi, presidente del Comitato Unicef Cosenza, ndr) che mi hanno proposto di realizzare delle ‘Pigotte d’artista’. Ho accolto con entusiasmo questa idea anche perché mi piace molto creare delle opere, sperimentare sui materiali, cucire, toccare con mano e mettermi alla prova.

L’Unicef lotta perché nessun bambino debba trovarsi nella condizione di crescere troppo in fretta, a tal proposito mi ha colpito l’espressione: ‘sana incoscienza dei bambini’, può darci una sua definizione?
I bambini sono esseri ingenui e genuini, non sono scaltri rispetto ai problemi della vita e siamo noi adulti che dobbiamo insegnare loro delle cose e questo è un aspetto meraviglioso dell’esistenza. Solo immedesimandosi nell’altro, nel fanciullo si riescono a capire alcune cose, dei punti di vista dei meccanismi.

Cosa si aspetta dalla giornata di domani?
Cerco di non crearmi aspettative, certo vorrei il meglio, e anche una vendita cospicua di quadri, perché il mio desiderio è di contribuire il più possibile a questo progetto molto importante.

Abbiamo scambiato qualche battuta anche con il critico
In genere l’arte è un fine, in questo caso l’arte è il mezzo per un nobilissimo scopo, lei da critico come osserva ciò?
Questo è il problema del rapporto dell’arte e della committenza, non c’è più quell’atteggiamento di pura e semplice celebrazione che c’era in altre epoche. Il problema è quello di vedere l’arte come pura, che parli di assoluti facendo astrazione del tempo, dello spazio e di altri elementi in confronto ad un’altra arte che cerca di sporcarsi le mani in problematiche fortissime e vivissime. Ci sono artisti che fanno arte con le problematiche, sono impegnati, altri che possiamo definire teorici. Non si può certo dire che ci sia bisogno più di un atteggiamento rispetto all’altro, in quanto se non c’è una condotta teorica non si forgia la sensibilità per avere orecchio, se non c’è la disponibilità di sporcarsi le mani non abbiamo neppure la disposizione a risolvere i problemi. Senz’altro Stefania appartiene al versante degli artisti facenti, non dimenticando che non possiamo considerare il ‘teorico e il facente’ atteggiamenti puri, ma categorie tagliate un po’, anche perché un artista nel corso della sua vita realizza opere differenti.

Cosa pensa del lavorare per la causa dell’Unicef?
Certamente lavorare per una causa così nobile come questa dell’Unicef ci dà molto piacere e ci offre la possibilità di fare qualcosa di concreto. Non è l’Unicef che ha bisogno di noi, ma noi dell’Unicef. Sono due secoli che gli intellettuali si interrogano su come agire e fare cose positive per tutti. Non c’è una risposta a questa domanda… Sapere di fare qualcosa che aiuta della gente a stare meglio per noi è estremamente positivo. È chiudere con una serie di rovelli teorici, mentali che rappresentano almeno in parte il mondo della cultura che tante volte ha fatto errori grossolani, nonostante il supporto di tanti testi e di tanta esperienza.

Cosa si aspetta dall’apertura al pubblico della mostra e dei discorsi che verranno tenuti a proposito?
Mi aspetto un’interrogazione, una sensibilizzazione da parte di tutti e a 360° sia per la capacità di ascolto per quel che riguarda il punto di vista culturale, che per le cose più pratiche la cui esperienza proviene da persone, in questo caso i bambini, che non hanno davvero voce in capitolo.


Pubblicato sul numero 48 di MezzoEuro del 28 Novembre 2009

1 commento:

  1. Questo articolo mi ricorda uno dei momenti più belli e intensi dello Stage presso l'Unicef di Cosenza. B.

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