Un Blog per proporre alcuni tra gli articoli che considero più belli tra quelli che ho scritto finora, sperando di onorare il lavoro del Giornalista che informa, intrattiene, suscita dibattito e opinioni. B.L.

giovedì 11 novembre 2010

C'è chi a Rosarno cerca un futuro migliore (di Bruna Larosa)

La Calabria è una regione di frontiera che ben conosce il dolore delle partenze vivendo continuamente sulla sua pelle il sapore degli addii. Conosce anche il fantasma degli arrivi, quelli dei barconi della speranza che si adagiano sulle sue coste con il loro disperato carico di vite umane. Arrivi, questi, che vengono vissuti con amarezza e insofferenza perché, complice la perenne colpevolizzazione mediatica, molti conterranei sono convinti che gli emigranti non possano essere un’opportunità, bensì un nuovo motivo di beffa e denigrazione.
Più volte nei paesi del reggino si incrociano gli stranieri, per lo più africani, rumeni, curdi e di altre etnie. Parlando con loro non solo si scopre che molti sono laureati o professionisti, ma si viene a conoscenza di culture tanto diverse quanto affascinanti e degne, al pari di tutte le altre, di essere rispettate e apprezzate. I disordini che hanno caratterizzato i giorni del rovente gennaio di Rosarno non vengono dal nulla. La rabbia repressa ha semplicemente fatto il suo corso e data la frustrazione non è implosa ma esplosa in maniera inesorabile. Nonostante l’emigrazione appartenga alla storia del Sud, oggi, possiamo realmente capire cosa significhi emigrare? Possiamo avere idea del sapore che si prova quando si lascia la propria terra, si attraversa il deserto, ci si imbarca su navi che nulla hanno di solido se non la disperazione? Tutto per un sogno: la speranza di realizzare un futuro migliore per sé e per la propria famiglia. Una speranza che si alimenta mentre si mettono insieme i soldi per partire e prosegue fino al momento di solcare il mare.

Abbiamo parlato di questo con Andrea Scarfò, che sta presentando in giro per l’Italia la sua mostra fotografica, Magna Italia, realizzata all’indomani dei disordini avvenuti nel paese della Piana di Gioia Tauro. Alcuni dei suoi scatti sono stati inseriti nell’archivio di rinomate agenzie di stampa nazionali, mentre altre gli sono valse una menzione speciale al concorso internazionale "From A to B" bandito da Euroalter in collaborazione con Youthmedia.


Andrea, il suo è un reportage dal profondo valore sociologico e non solo; realizzarlo l’ha portata a incontrarsi con una realtà molto dura. Qual è il clima che ha respirato a Rosarno e che ha voluto immortalare nelle sue foto?

Il cardine di un lavoro a carattere giornalistico è la capacità di astrarsi dal proprio modo di vedere le cose così da restituire una visione il più possibile vicina alla realtà. Proprio in quest’ottica ho provato a ritrarre la realtà di Rosarno. Alcune foto, ad esempio, illustrano scorci del centro abitato che è un po' simbolo della ‘incompiuta calabrese’; dico così perché i tratti sono quelli comuni a tantissime località:  i palazzoni di più piani che si articolano in altezza senza rifiniture esterne, ne sono un esempio lampante! La mostra è stata ospitata nella Biblioteca Civica di Taurianova, ho accolto diverse scolaresche; ho così avuto modo di chiedere ai tanti bambini come pensano si possa crescere in un ambiente siffatto e loro rispondendomi ‘disordinato dentro’, hanno detto tutto.


Magna Italia è stata ospitata in molte regioni. Come è stata accolta in Calabria e che reazioni è riuscita a suscitare in contesti diversi dal nostro?

La mostra è stata presentata in contesti molto differenti tra loro: da nord a sud, in contesti sociali e in altri culturali. Nessuno è rimasto indifferente! A Taurianova, paese nel cuore della piana di Gioia Tauro, le signore dell'università della Terza Età mi hanno detto: ‘Anche noi quando raccoglievamo
arance mangiavamo solo quello!’ Questo è il motivo per cui la gente semplice non è avversa ai lavoratori africani: si riconosce in loro e nelle loro fatiche. A Mantova, invece, mi è stato chiesto ‘Noi che cosa possiamo fare?’. Io rispondo che bisogna tenersi in contatto per creare una rete di solidarietà non solo a parole ma anche nei fatti; è per questo che con l'Osservatorio Migranti di Rosarno andiamo in giro per l'Italia a chiedere aiuto.


Per realizzare questo reportage lei si è recato nei luoghi adibiti a ricovero per i lavoratori stagionali quando loro, ormai, avevano deciso di lasciare Rosarno. Che esperienza è stata?

Quando ho finito ho pianto. Con le foto, a mente fredda, provo a raccontare che gli africani fin quando lavoravano e avevano quindi una retribuzione riuscivano a cucinare, nonostante ciò il freddo e l'umidità li faceva ammalare in modo cronico! Altro tema che affronto, raccontando i posti dove vivevano, è la mancanza di assistenza, solidarietà e vicinanza da parte dell'Italia delle Istituzioni. Pensiamo che gli africani non avevano corrente elettrica o acqua corrente potabile o impianto fognario, tutto ciò porta alla mancanza assoluta di igiene!



Essendo lei una persona impegnata e creativa si è mai domandata cosa avrebbe potuto migliorare la situazione e quali misure sarebbe stato opportuno mettere in pratica?

Considerato che tutto si è scatenato per via della schiettezza degli africani, che hanno deciso di non sottostare alle angherie di chi pretende di controllare il territorio e per questo hanno avuto ascolto e considerazione; credo che sia necessaria la solidarietà della gente comune. Proporrei, poi, con ancora più forza di rispettare e far rispettare le leggi. Ad esempio stabilire un prezzo degli agrumi al produttore più equo, dare lavoro facendo contratti regolari e fornendo, come prescritto dalla legge per i lavoratori stagionali, un reale alloggio per gli stessi. Non sono idee innovative, è semplicemente la constatazione di ciò che sarebbe giusto si facesse. Prospetterei, poi, che tutti i calabresi che ricevono contributi per lavoro bracciantile fittizio vi rinuncino. Non solo! Sarebbe anche opportuno che i sindacati si autodenunciassero come colpevoli di questo meccanismo. Sappiamo benissimo che da queste parti la ‘ndrangheta è la regista di ogni cosa, così, solo proponendo la giustizia e la legalità possiamo considerarci fattivamente impegnati a combatterla.



Pubblicato sul numero 44 di MezzoEuro in edicola dal 6 novembre 2010

2 commenti:

  1. Diceva Ando Gilardi, grandissimo critico e uomo di immagini, che una buona fotografia è quella su cui il fotografo è capace di parlare. Sospetto, a questo punto, che le foto du Scarfò siano stupende.

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  2. Le foto di Scarfò sono assolutamente dotate di parola! Provare per credere: www.naturalmenteandrea.it

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